lunedì, febbraio 05, 2007

 

SANGUE E IPOCRISIA


All'indomani dei tragici fatti di Catania tutti hanno espresso condoglianze e solidarietà alla famiglia dell'ispettore di polizia, caduto nell'espletamento del proprio dovere, e al corpo della polizia stesso, sempre in prima linea nell'affrontare la delinquenza dilagante. Poi è venuta la decisione della sospensione delle partite di calcio e la richiesta, da più parti, di adottare il "pugno di ferro" per contrastare, reprimere e prevenire tali fenomeni. Ma l' "ora basta" così fermo del potere politico e sportivo e degli addetti alla sicurezza pubblica, che in altre occasioni ci farebbe penosamente sorridere, induce ora in noi un sentimento di rabbia e, insieme, di rassegnazione.
"E' colpa della società, della mancanza di valori, i giovani non hanno più punti di riferimento etc. etc." Le solite balle. Nessuno ha messo in rilievo come, in generale, in un mondo violento quale il nostro (dall'Afghanistan alla Cecenia all'Iraq alla Somalia alla Palestina al Darfur e via discorrendo) la violenza sia diventata internazionalmente "normale" e quotidiana.
Nessuno ha messo in rilievo come, in particolare, intere regioni del sud Italia siano state abbandonate da molti decenni alla gestione delle varie mafie e camorre, con la collusione patente (e più volte dimostrata) della politica e del grande capitale. Ciò detto, come si fa a stupirsi della violenza che insanguina il nostro paese e indignarsi perchè certe cose avvengono?
La società siamo noi, i cittadini. I valori debbono essere dentro di noi e "consegnati" ai più giovani per mezzo dell'onestà individuale e dell'esempio, con l'aiuto della scuola.
Certamente: la dolorosa morte di un "servitore dello stato" fa scalpore e notizia. Si sospendono le partite, si chiudono gli stadi. Ma si chiudono forse i cantieri e le fabbriche laddove ogni anno, in Italia, avvengono più di duemila "morti bianche" sul lavoro? Si incriminano forse, per ciò, gli industriali responsabili? E' un esempio modesto, ma eclatante. I morti non sono tutti uguali.
L'Italia è un Paese di conniventi. La mafia vota e fa votare, dunque meglio non colpirla troppo. La Chiesa è potente ed ubiqua: tiene saldamente in pugno uomini politici e capitali. Non bisogna (non si può) inimicarsela. I nostri "rappresentanti" rappresentano in realtà ormai solo se stessi e i loro particolari interessi.
Tutta questa quotidiana porcheria ci deprime e ci disgusta.
Fra una pubblicità e l'altra, fra la telenovela di Silvio e Veronica e quella fra Romano e i suoi "alleati" di governo, scorre il sangue degli italiani.
Si sta facendo tardi. Andiamo a mangiarci una pizza.

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